Satō se ne va affermando di non essere un hikikomori, dopo aver ricevuto da Misaki un "contratto fra l'hikikomori da aiutare e il suo supporter". Arrivato a casa, scopre che il contratto pone come modo di guarire l'hikikomori quello di confidare tutte le sue sensazioni al supporter. La sera dopo sa che Misaki lo aspetta di nuovo al parco, e si convince ad andarci solo perché ha visto nel parco un cartello che avvisa della presenza di maniaci ed immagina che se lei venisse stuprata, lui diventerebbe famoso come l'amico che stava aspettando e non è mai arrivato e che quindi sarebbe colpa sua. Arrivato lì, tenta di convincerla che non è un hikikomori dicendo che lavora da casa, producendo software, ma lei se ne va senza crederci. Tornato a casa, decide di andare a reclamare dal suo vicino che spesso ascolta a volume alto la sigla di un anime, e scopre così che si tratta di Kaoru Yamazaki, diventato un fanatico di anime e manga. Quando Satō era al liceo e Yamazaki alle medie, per fare bella figura davanti ad Hitomi, Satō aveva salvato Yamazaki da dei ragazzini che lo picchiavano. Ora Yamazaki è emarginato dai suoi compagni di una scuola professionale dove studia per diventare game creator, ovvero programmatore di videogiochi. Satō prende il suo manuale e lo usa per recarsi da Misaki e convincerla che è veramente un programmatore, ma è costretto a dirle che le farà vedere un suo videogioco tra un mese. Yamazaki lo vede parlare con lei e si arrabbia non accettando di essere stato sfruttato da Satō per farsi bello agli occhi di una ragazza; intanto, ha scoperto che Satō è diventato un hikikomori. A casa Yamazaki lo convince ad iniziare a produrre un videogioco insieme a lui, e l'unica cosa che Satō sa fare è scrivere la storia. Secondo Yamazaki l'unico tipo di videogioco che può essere prodotto da due persone in un mese e frutta molto denaro è l'eroge.